Laboratorio di Rigenerazione hardware

Laboratori


Il laboratorio di rigenerazione hardware utilizza il Trashware (questo neologismo nato dalla fusione di due termini inglesi, trash-rifiuto, ed hardware - componenti elettronici e periferiche di un personal computer) ossia, una serie di processi che vengono messi in atto per il riutilizzo di materiali e beni considerati come scarto o rifiuto. Se c'è dell'hardware che non è ritenuto più produttivo dalle aziende, si valuta la possibilità di poterlo utilizzare con convenienza in altri contesti, da altri soggetti, e partendo da questi presupposti, si organizza il riutilizzo.

Il laboratorio, pertanto, effettua vari step:

In questo modo si ha un considerevole vantaggio per la collettività:

Rigenerazione tecnologica

Il nostro laboratorio di rigenerazione hardware ha l’obiettivo di rigenerare computer per concedergli una seconda vita sul mercato, cambiando pezzi di hardware, estetica e sistemi operativi.

“I vecchi terminali” dopo un’accurata pulizia che prevede, oltre al ricambio degli elementi interni, il ripristino delle configurazioni e anche l’eliminazione dei graffi in superficie, possono tornare perfettamente funzionali. Spesso, grazie anche all’installazione di sistemi operativi open source, come Linux, che consentono ai vecchi computer con potenzialità di evitare l'obsolescenza programmata e continuare a fare il loro lavoro.

Riduzione dei rifiuti tecnologici

Il nostro laboratorio ritira gratuitamente il materiale informatico per rigenerarlo con software libero/open source aumentando la riduzione di rifiuti tecnologici. Collabora con enti pubblici e aziende a progetti di rigenerazione di PC per finalità sociali.
Da uno studio della Ariziona State University del 2015, per costruire un normale computer desktop, oltre a schede madri, condensatori, alimentatori, Ram, dischi rigidi e Cpu ci vogliono anche 240 kg di combustibile fossile, 23 kg di sostanze chimiche e 1.512 kg di acqua.
Riuscire a riportarli in funzione significa far risparmiare all’ambiente, per ogni singolo computer, 13 kg di rifiuti pericolosi, 35 kg di rifiuti solidi, altrettanti di rifiuti di materiali, 80 litri di acqua inquinata, 32 tonnellate di aria inquinata, 605 kg di anidride carbonica in termini di emissioni e 7.719 chilowatt di energia, secondo le stime dell’Environmental Protection Agency.
Di non meno importanza è l'aspetto legato alla sensibilizzazione degli utenti riguardo il tema dello scarto, rifiuto e trattamento di queste apparecchiature elettriche ed elettroniche.
I principali problemi derivanti da questo tipo di rifiuti sono la presenza di sostanze considerate tossiche per l’ambiente e la non biodegradabilità degli apparecchi. Per questo, i computer vanno trattati correttamente e destinati al recupero differenziato dei materiali di cui sono composti (rame, ferro, acciaio,alluminio, vetro, argento, oro, piombo, mercurio).
Da uno studio del 2015 Countering WEEE Illegal Trade che ha indagato per due anni nel mercato dell'usato e dei rifiuti di apparecchi elettrici e elettronici (Raee) risulta che solo il 35% (3,3 milioni di tonnellate) di Raee finisce nei centri ufficiali di raccolta e riciclo. L'Italia spicca e in questa pratica si piazza agli ultimi posti con poco più del 20%, appena prima di Romania, Spagna e Cipro.
Una enorme quantità viene spedita verso Paesi stranieri senza regolari documenti di esportazione, tonnellate di materiale viene esportatato fuori Europa senza documenti regolari.

L'e-waste. Lo studio pone l'accento sul mercato del furto dai Raee di componenti 'preziose' (metalli o schede elettroniche) ma oltre ai danni economici la gestione non corretta dell'e-waste comporta anche pericoli per la salute: uno studio del 2014 dell'Università delle Nazioni Unite aveva avvertito sui rischi di cancro, danni epatici e renali e problemi dello sviluppo mentale legati ad alcune sostanze tossiche presenti nei Raee, come mercurio e piombo.

Crimine organizzato. Gli studiosi, pur non avendone le prove, sospettano il coinvolgimento del crimine organizzato nella gestione dei Raee in alcuni Paesi. "Visto che può generare profitti e che oggi viene difficilmente scoperta, questa forma di commercio illegale rischia di essere molto sfruttata".